venerdì 7 gennaio 2011

Paul Collins- Al Paese dei Libri

Un salotto a due voci più una- la mia, quella di Mario e quella di Emmetì, che, ligia alle consegne, ha lasciato il suo commento nel post di presentazione di Al Paese dei Libri di Paul Collins: ve li leggete di fila, qui sotto, in attesa di tutti gli altri.
Ben ritrovati
Ale

Confesso: per i tre quarti del libro, non riuscivo a evitare di ripetermi che avevo per le mani qualcosa di delizioso. Delizioso, delizioso, assolutamente delizioso. Davvero, non trovavo un aggettivo più adatto a definire la natura di un romanzo come questo, che non chiedeva nient'altro, se non di essere assaporato, gustatao goduto fino all'ultimo, come si conviene ad un'opera scritta da chi sa scrivere e destinata a chi ama leggere, in modo estremo, incondizionato, assoluto. Tanto che tuttora, a lettura conclusa, non saprei neppure in quale genere incasellare questo libro, che ha come unico cardine non tanto una storia, quanto la eccelsa bravura del suo autore. Perchè è innegabile che Paul Collins sia uno scrittore di razza: la sua capacità di tenerti incollato alla parola, prima ancora che alla pagina, alla struttura della frase, alla costruzione della battuta ad effetto è così dirompente da travolgere tutto il resto, anche gli elementi fondanti della narrazione. Non a caso, questo è uno dei pochissimi libri che mi ha concesso il priivilegio di una lettura smozzicata, e pur sempre emozionante: nessuna paura di perdere il filo, nessun bisogno di carburare e di entrare in partita: bastano due righe di Paul Collins e il coinvolgimento è assicurato.
E però, c'è un limite, che probabilmente serpeggia sin dalle prime pagine ma che si manifesta in tutta la sua evidenza a tre quarti dell'opera, quando cioè si percepisce l'inconsistenza della storia. E' come se l'autore fosse rimasto prigioniero dei suoi meccanismi e fosse caduto nella sua stessa trappola, restando impantanato nella palude sterile della sua bravura. E così, alla fine, ci si inceppa, ci si annoia, ci si disinnamora. E al posto delle delizie, resta solo il rimpianto di un'occasione colta a metà. Peccato
Alessandra

--------------------------------------------------òòòòòòòòòòò----------------------------------

Premetto che faccio una certa fatica a leggere libri non scelti direttamente da me non da meno però sono un entusiasta sostenitore del caffè-libreria condotto da Alessandra di MT proprio per l'insita caratteristica che ha di farmi aprire a generi letterari e tematiche che non incontrano in prima battuta il mio consenso. Questo non è un punto a sfavore anzi la totale assenza di aspettative il più delle volte mi ha dimostrato quanto è sempre necessario confrontarsi con altro rifuggendo la 'sicura' solidità di autori a me certamente più cari.


Questo per dirvi in soldoni che ero partito davvero con le migliori intenzioni eppure Paul Collins non convince affatto.

Sia ben chiaro parliamo di un signor libro, scritto con stile e con forma accattivante ma al quale forse manca quell'ingrediente cardine che in modo naturale seleziona le pubblicazioni da dimenticatoio con quelle che invece contribuiscono a formarci (esteticamente, moralmente, ...) o anche solo a divertirci: la storia.

E' un libro senza spina dorsale. Hay-on-Wye è l'ennesima Disneyland da finanza creativa presa in prestito per farne il fulcro logistico (l'autore lì ha abitato davvero) di una serie di considerazioni "carine" ed a tratti anche argute ma che non bastano a sollevare le sorti di 216 pagine di stallo creativo.


In un articolo di Michele Serra o di Vittorio Zucconi di 20 righe troverete un maggiore quantitativo di spunti capaci di farvi sorridere mettendo in moto il cervello. Non a caso ho citato Zucconi che ha "scritto" l'america come nemmeno gli americani hanno saputo fare ma questa è una altra storia.


"E l'amore per la lettura invece dove lo metti?" Ecco, se per amore della lettura si intende quella di Collins e cioè prendere testi sorpassati per imparare dal "confronto" allora siamo miseramente solo un gradino sopra la rubrica "Strano ma vero" della Settimana Enigmistica. Un pò di anni fà il quotidiano il Mattino di Napoli ha pubblicato per qualche mese insieme al giornale le pagine complete dei primi numeri stampati nel 1892. Quelle (mie) letture di allora sono state caratterizzate dalla medesima curiosità che manifesta Collins nel suo continuo spulciare testi 'andati' che per quanto possa essere davvero interessante non va oltre una serie di constatazioni (per quanto intelligenti le sue e decisamente più scemotte le mie) francamente limitate.


Tralasciamo poi i punti per i quali si intuisce innegabilmente che l'amore per i libri altro non è che la ricerca dell'edizione rara. Qui siamo poco oltre il collezionista di bottiglie di vino del secolo precedente. Ci si affida all'odore delle muffe e certamente il fatto che si tratta di libri non eleva lo status di quello che in fondo resta solo un cercatore di rarità che rifugge dal presente per non scontrarsi con la realtà che ha ben altro spessore.


Non a caso la contemporaneità, letteraria e non, nel libro sembra quasi non esistere.


Per l'autore Hay-on-Wye è una piccola Las Vegas dell'anima mentre per occhi leggermente più distaccati è solo un insieme di luci al neon sfavillanti nel deserto economico dell'Inghilterra di inizio milennio, da plauso per inventiva ma non certo per altro.

"Al paese dei libri" non vale assolutamente il suo prezzo di copertina...ma come ben dice lo stesso autore non facilmente ad Hay-on-Wye si fanno affari! :)
Mario


--------------------------------------------------òòòòòòòòòòò----------------------------------

Molto a posteriori, lo so, ma è andata così, la mia estate...Questo libro mi è piaciuto per lo stile (giornalistico, direi..) ; quanto alla "storia" mah... oscillo tra un discreto entusiasmo ed una sensazione di occasione mancata .Altrettanto bibliofaga della nostra Raravis, venderei (quasi) tutto per vivere una simile avventura : sprofondare fisicamente in stanze piene di libri; aspirarne l'odore polberoso e vissuto.... Mi aspettavo di più, da uno che getta il cuore oltre l ostacolo e - seppur carico di gravami economici - coraggiosamente varca un oceano (anche mentale) e si tuffa nel più old dei vecchi villaggi inglesi. Tant'è che poi torna indietro, liquidando abbastanza frettolosamente - è quel che ho provato io, verso la fine del libro -un'esperienza più emotiva che vera, benché (e comunque) unica.
emmetidì