lunedì 7 gennaio 2013

Sotto l'ombrellone- rece sparse


Non sono titoli "freschi freschi" perchè, complice questo luglio da dimenticare, non solo non sono riuscita a fare un salto in libreria, ma neppure ho attaccato la solita pila sul comodino. Nello stesso tempo, complice questo luglio etc etc, sono rimasta spaventosamente indietro con le recensioni: per cui, approfittiamo delle vacanze per smaltire gli arretrati, anche considerato che, tolto un titolo o due a cui magari dedicherò più spazio, per il resto si tratta di letture leggere, così da ombrellone che di più non si può.



1. D. Safier, L'orribile kharma della formica- Sperling& Kupfer, 19 euro. L'unica nota positiva delle recensioni arretrate è che, nel frattempo, di questo libro è uscita l'edizione economica in brossura. Il che mi solleva- e di molto- considerato che il prezzo eccessivo era la vera remora che mi tratteneva dal consigliarvelo. Al solito, quando ci si imbatte in libri leggeri, che sono tutt'altro che dei capolavori e che, con ogni probabilità, lasceranno il segno solo nel conto in banca dell'autore, la domanda che si pone è se e quanto valga la pena di spendere una cifra considerevole per trascorrere due ore di tempo senza pensare a nulla. La drastica riduzione del prezzo di copertina mi libera da questo empasse, grazie al cielo: perchè L'orribile Kharma della formica è un libro leggero ma gradevole, che rielabora l'antico tema della metamorfosi in chiave moderna, dosando in modo calibrato l'ironia e il sarcasmo, l'umorismo e la comicità e, buon ultimo, un tocco di commozione. L'autore è uno sceneggiatore televisivo, qui alla sua opera prima, nella quale confluisce, come ovvio,parte della sua esperienza lavorativa. La protagonista è infatti una anchorwoman in carriera che, davanti alla realizzazione personale, è pronta a calpestare tutto, a cominciare dagli affetti del marito e della figlia. Un incidente la condannerà a reincarnarsi in una formica e da lì a risalire nella scala della redenzione fino al mancato colpo di scena finale, che è la parte davvero deludente di tutto il libro, vista la scontatezza e la disarmante banalità del trionfo dei buoni sentimenti. Per carità: se così non fosse, questo non sarebbe nè un best seller nè un libro "da ombrellone": però, ad esser buoni, si poteva fare di più- e questo con buona pace delle sperticate recensioni positive che su questo titolo si sono sprecate. In ogni caso, due ore di puro relax sono assicurate e qualche risata, di sicuro, vi scappa.

2. Brendan O'Carroll, I marmocchi di Agnes- Agnes Browne nonna: secondo me, O'Carroll scrive a libri alterni: uno buono, uno cattivo, per intenderci. E quindi, se Agnes Browne mamma era così e così, I marmocchi di Agnes è delizioso, mentre lo stesso non si può dire di Agnes Browne nonna (il peggiore della serie, a mio parere), che però prelude a quel piccolo capolavoro che è Agnes Browne Ragazza. Per il resto, è difficile aggiungere qualcosa di nuovo a quello che ormai si è già detto qui sopra, fra rece e commenti: indipendentemente dal valore artistico dei romanzi di questa saga, Brendan O'Carroll resta uno degli scrittori più vivaci di questi ultimi anni, non fosse altro per la capacità dimostrata nel farci affezionare ad Agnes e alla sua sgarruppata famiglia, amici e colleghi annessi. E, di questi tempi, scusate se è poco...

3. A. Camilleri, La caccia al tesoro: non ho mai fatto mistero di non amare gli ultimi romanzi di Montalbano- e le ultime produzioni di Camilleri in genere, troppo esposte alle sollecitazioni di un mercato contaminato da mode e produzioni televisive. Stavolta, però, devo ricredermi e lo faccio con l'immenso piacere di chi ritrova un vecchio amico, che credeva di aver perso per sempre. Neanche a dirlo, il romanzo è uscito malconcio dagli strali della critica: non gli si perdona ora l''aperto ammiccamento alle trasposizioni televisive ("già pronto per una sceneggiatura", secondo alcuni), ora l'inconsistenza della trama, ora la discesa nel pulp e nell'horror, generi alieni alla nostra tradizione in generale e al commissario Montalbano in particolare. Sì e no, mi verrebbe da replicare: perchè ormai sono anni che la prosa di Camilleri paga lo scotto alla produzione televisiva e da sempre, nei suoi romanzi, i meccanismi del giallo classico sono secondi- se non terzi o quarti- alla scrittura e alla caratterizzazione dei personaggi. Meravigliarsene ora, dopo decenni di esaltazione acritica e incondizionata, suona un po' fuori luogo: intanto perchè, come si diceva, non è una novità; e poi perchè se mai c'è una storia, fra quelle edite in questi ultmi anni, in cui tali difetti risultano attenuati in favore di una prosa che ha recuperato i toni felici di un tempo, è proprio questa. E pazienza per il finale pulp, dove il povero Montalbano sta come i cavoli a merenda: a questo Camilleri, si può perdonare qualunque cosa. A patto che continui di nuovo così.

4. Johanne Harris, Vino Patate e Mele Rosse- eccheppalle questo libro, si può dire? lento, noioso, sfacciatamente commerciale e inifinitamente banale. L'unica novità è che il narratore è una bottiglia di vino, ma l'espediente narrativo, che avrebbe potuto dare la stura (è proprio il caso di dirlo) a prospettive di straniamento ardite e forse necessarie per rinnovare una materia abusata come questa, muore sul nascere, rivelando la pochezza di una scrittice sopravvalutata, che stavolta, per giunta, confeziona una storia già sentita e già letta. Anzi, se mai questo libro ha un pregio, è quello di far venir voglia di rileggersi Un'ottima annata di Peter Maye: che un capolavoro non è, ma che al confronto di questo, lo sembra, eccome.

Alle prossime
Ale

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