venerdì 22 maggio 2015

BACI DI DAMA SALATI (QUELLI LI')




Quello che amo di più, delle mie amiche dotate di incommensurabile pazienza, è il momento in cui la perdono. 
Questo vale per me e per i molti di voi che mi chiedono quand'è che mi decido a ripubblicare le vecchie ricette anche qui: solo quando qualcuna delle succitate si stufa di suggerire-sollecitare-blandire e passa al piano B.
Per cui, ringraziate tutti questa signora- e beccatevi questi

BACI DI DAMA SALATI 
AL PESTO

...su cui tutto quel che si poteva dire è stato detto. 

Per circa 20 baci di dama

100 g di farina di mandorle
100 g di farina debole
100 g di burro freddo di frigorifero
dai 50 ai 70 g di Parmigiano reggiano grattugiato
un cucchiaino di sale
facoltativo: qualche goccia di brandy

per il ripieno
formaggio morbido spalmabile (personalmente, preferisco il mascarpone-che-non-sa-di-niente, tipo quello della LIDL, perchè non è acido; sennò, Philadelphia o similari)
pesto buono, che più buono non si può (a Genova, il miglior pesto pronto è quello di Novella, per il rapporto qualità prezzo; se volete spendere un po' di più, compratelo da Rossi. Altrimenti, fatevelo in casa, che è sempre la soluzione migliore)
non chiedetemi le dosi, perchè qui si va a occhio: indicativamente, un 2:1, due parti di formaggio e una di pesto. Considerate due cose
1. la prima, è che il ripieno deve essere cremoso al punto giusto per poter essere spalmato
2. la seconda, che il pesto ha un gusto nettamente prevalente su tutto: è per questo che non dovete esagerare. Chi assaggerà i vostri baci, deve associarli immediatamente a uno stuzzichino per l'aperitivo, non a un piatto di trenette da trattoria per uomini veri, ascella pezzata e profumo di aglio annesso. Quindi, andateci piano

La parte difficile sono i baci di dama. 
Ma per questo ci sono i consigli della sottoscritta, che finora han sempre funzionato

1. Gli ingredienti vanno lavorati tutti assieme. Potete usare un mixer oppure impastare a mano, usando gli stessi accorgimenti della pasta frolla: burro freddo di frigorifero, tagliato a cubetti, mani gelate e lavorazione veloce


2. Tagliate il burro freddo a cubetti e poi metteteli di nuovo in frigo per un'altra mezz'ora, per evitare che il calore delle mani possa compromettere la riuscita della ricetta

3. Appena avrete ottenuto un impasto omogeneo, smettete di lavorarlo: se è sufficientemente freddo, potete procedere con la pezzatura, altrimenti avvolgetelo nella pellicola trasparente e fatelo riposare in frigo, da mezz'ora a una o due ore

4. Stendete un foglio di carta da forno su una teglia: le più indicate sono quelle per i biscotti,  basse e rettangolari. Tenete le mani per 30 secondi sotto l'acqua fredda del rubinetto.Asciugatele e procedete con la pezzatura, prelevando delle piccole porzioni di impasto a cui darete la forma di palline: devono essere più piccole dei baci di dama dolci, se possibile. sistematele sulla teglia, un po' distanziate fra di loro

5. Accendete il forno a 150°C modalità statica e infornateli per 15 minuti: attenti a sfornarli quando sono ancra bianchi. Devono essere appena cotti e un buon modo per verificarlo è spostarli leggermente dal fondo della teglia: se si staccano senza fare resistenza,ci siamo

6. Lasciateli raffreddare SENZA TOCCARLI per almeno un quarto d'ora. Se disobbedite, sappiate che il bacio si sbriciolerà rovinosamente sotto le vostre dita e se tenterete di nascondere il corpo del reato mangiandolo, questo provocherà ustioni di terzo grado alla vostra lingua. Quindi, obbedite e andate in un'altra stanza, lontani dal profumo e dalle tentazioni ad esso connesse

7. Sono migliori 3-4 giorni dopo la cottura:in teoria, dovreste conservarli in una scatola di latta a chiusura ermetica, dove potete tenerli anche per una settimana, perchè col riposo acquistano in bontà. Vanno invece farciti poco prima dell'uso,sistemati in pirottini e poi serviti, con l'aperitivo.

Se non riuscite a trovare il pesto buono,potete variare il ripieno con altre mousse, come per esempio

1. patè di prosciutto allo Xeres

100 g di prosciutto cotto
150 g di robiola
1/2 bicchierino di Xeres o Tio Pepe o Marsala secco
sale
pepe rosa per decorare 

2. patè di mortadella

100 g di mortadella
150 g di mascarpone
50 ml di panna
sale

3. patè di salmone al Laproaigh

100 g di salmone conservato al naturale
50 g di salmone affumicato
50 g di burro salato
150 g di crème fraiche
mezzo bicchierino di Laproaig o altro whisky torbato
poco sale 
aneto

oltre alle meravigliose ricette che trovate qui sopra

mercoledì 20 maggio 2015

MAPLE BANANA BREAD PER LO STARBOOK DI MAGGIO


Sono nata con una avversione cosmica alle banane. 
Le odio a tal punto che se le vedo in tv, sento l'odore. 
Che cambio strada, se il fruttivendolo le espone sul marciapiede.
Che le ho rimosse da qualsiasi scompartimento non solo del frigo ma anche della mente-e provate a immaginare l'infanzia che è toccata, a una della mia età, cresciuta ad "animali-fiori-frutta", impegnata a spremersi le meningi ogni volta che usciva la lettera B.
"Pazienza" aveva detto mia mamma "con tutta la frutta che abbiamo, mangerà dell' altro... non è mai morto nessuno, a mangiar mele, pere, pesche, prugne, no?"
A quattro anni, vien fuori l'allergia alle pesche. 
A cinque, quella alle mele
A sei, le pere e così via,in un crescendo culminato in un florilegio di frutti tropicali, serenamente liquidato dall'allergologo di turno con un "ma vabbè, signora, mica andrà a vivere all'Equatore, sua figlia, no? E comunque, restan sempre le banane..."


Per la cronaca, le banane le ha sbucciate mio marito. 
Le ha anche ridotte in purea e versate nell'impasto.
Io, però, ho mescolato, versato nello stampo, cotto, sfornato,sformato, tagliato a fette e servito, pure senza molletta per stendere sul naso
Come dire, facciamo progressi...

Tutto sullo starbook di oggi, qui!


lunedì 11 maggio 2015

e sono 15!

 

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auguri, amore della tua mamma

VENT'ANNI

 
Dammi tre parole

"'Sta figgetta ha g'ha 'n'intelligenza..."
" Uhh, nonna, Einstein, ho partorito...."
" A parla zeneize- e mi nu ghe l'ho miga insegnou"
" E vabbè, "non gliel'ho mica insegnato".... le parli in genovese tutto il santo giorno,  ovvio che lei qualcosa capisca.."
" Se te diggu ch' a sa tuttu, a sa tuttu..."
" E allora sentiamo un po' questo pappagallino, cosa mi dice in genovese.. dai Carola, fammi sentire cos'hai imparato dalla bisnonna"
".. figgetta... zeneize... atatuttu"
" Ma brava, amore bello della mamma, brava! anzi, guarda, ora che arriva il Professore, lo facciamo sentire pure a lui, cos'hai imparato di nuovo"
"Dottoressa, i miei ossequi... questa bambina cresce sempre più bella e intelligente....sarà un fiore all'occhiello della mia classe, spero..."
"Sarebbe un onore, mi creda... intanto, oggi abbiamo fatto qualche progresso, sul fronte del bilinguismo... vero, Carolina? Glielo dici al Professore, che cosa hai imparato oggi?
"...."
"Dai, su, quelle tre paroline..."
"..."
"...in genovese..."
"..."
" ...quelle che ti ha insegnato la bisnonna..."
"..."
" essù, Carola, le hai dette un attimo fa..tre paroline, in fila, così bene... dille un po' anche al Professore, dai..."
"vanni-a- bagacce"




nobody is perfect

"Ieri, Margherita ha studiato tutto il giorno. L'ha persino aiutata mio marito, che è ingegnere, perchè ci teniamo a prendere un bel voto, nel primo compito in classe della scuola elementare. Carola, con chi ha studiato?"
" Compit.. clss...????? ah... oh...ehh.... beh... con me, sì, con me, sicuramente.... e sì, anche lei, ha studiato tutto il giorno... uh, guarda, anche alla sera, ha studiato...uhh, fino a notte fonda... non me lo dire, che se cominciamo così, chissà come ci arriviamo alla laurea... un secondo solo, scusa, ho una telefonata da fare... "mamma???... ma senti un po',  ma ti risulta che oggi ci sia compito in classe,dalla Carola? ...eh no, neanche io so niente...  e no che non ha aperto un libro, figurati... e cosa vuoi che abbia fatto, ha giocato ininterrottamente da venerdì a cinque minuti fa... e cosa vuoi che sappia, niente, no? non ha studiato niente, non saprà niente... mi sta venendo un ictus, guarda... ora provo a dirle qualcosa, ti richiamo..."

"Carola, amore, vieni un secondo dalla mamma.... cos'è 'sta storia del compito in classe?
" ah,sì, c'è compito in classe"
" ma lo sapevi?"
" sì"
" e perchè non  me l'hai detto?"
" perchè sennò mi facevi studiare e io dovevo andare in barca col nonno"
" e santa pace, Carola,eccerto che ti facevo studiare... e adesso?"
" ma le so, le cose, mamma... le so...."
" senti, le tue compagne han studiato tutto il giorno, lì ci son le madri tutte invasate, io vorrei sprofondare dalla vergogna... ti prego, anche se non hai studiato niente, cerca di farlo bene, 'sto saggio, ok? che lo sai che la mamma ci tiene...
" ok, ci provo"
" grazie, amore, buona scuola"
......
" mamma?"
" sì?"
" mamma, puoi venire qui un attimo?"
" sì, certo, cosa c'è?"
" c'è che devi sapere una cosa... che io qualche errore, nel compito in classe, lo voglio fare. non tanti, qualcuno: scelgo io dove. Perchè sennò finisce che divento come la Margherita, che prende sempre bei voti ed è antipatica a tutti..."




Onora il sabato

".. e Greco...Greco mi sa che se lo porta a settembre,mi sa... guarda, non me lo stare a dire, perchè che mia figlia -MIA FIGLIA-si porti Greco -GRECO- a settembre, guarda, è una cosa che mi fa andare il sangue al cervello...essì che aveva preso otto... ma qui lo sai a cosa servono gli otto, no? mica ad alzarsi la media, macché.. servono a poter prendere 4 nel compito dopo, capisci???? guarda, non me ne parlare... si gioca tutto in questi giorni: sabato, l'ha interrogata... e come vuoi che sia andata.. " bene,  bene", qui va sempre bene- bene... sei e mezzo, ha preso. E no, sei e mezzo non è andare bene. E cosa vuol dire, la sufficienza l'ha presa... almeno un sette, doveva prendere... così, ora si gioca tutto oggi, con l'ultimo saggio... aspetta, è qui, ti saluto che sento come è andata...

"allora? come è andata? fatto tutto? come è andata?"
" bene, bene"
"come, "bene bene", COSA VUOL DIRE "BENE BENE"... era facile,era difficile, era lungo, era corto..."
" Era facile, ma era lungo. E infatti, non ho avuto tempo. Ho risposto bene   a tutte le domande, poi all'ultima le ho scritto che gliel'ho detta sabato, la risposta"
" Carola... ricominciamo daccapo... e  non scherzare... cos'hai risposto,all'ultima domanda?"
" Te l'ho detto: gliel'ho detto sabato"
" ... cioè... fammi capire...  hai scritto: "GLIEL'HO DETTO SABATO!!!!", nel compito in classe?????????????????!!!!!"
" Sìììììììììììì.. te l'ho dettooooooooooooooo.... domanda: declina gli aoristi di lego. Me li ha chiesti sabato e li sapevo, suonava la campanella e non avevo tempo... non dovevo????"

(per la cronaca: il compito ha fruttato un bel voto e la promozione a giugno. il "gliel'ho detto sabato" è stato contornato da una selva di segnacci, punti interrogativi e bestemmioni in greco antico -e rigorosamente fotografato col cellulare. Io ci ho messo sei mesi di training autogeno, per andare a chiedere scusa alla professoressa, beccandomi una sciacquata di testa che è iniziata con  "in trent'anni di insegnamento MAI ho visto una cosa del genere" ed è finita con "se non l'avesse fatto sua figlia, quello era un compito da annullare. Ma sua figlia è così: malizia, secondi fini, calcoli, neanche sappiamo dove stiano di casa. Ma guai a lei se si azzarda un'altra volta..")

Zingarate

"Ah, e non ti ho detto una cosa...della gita scolastica in Croazia... che siccome una sera eravamo finite in un albergo bruttissimo,no?, ma che dava su un parco giochi carino, di notte siamo scappate, con due mie amiche e siamo andate lì.. e  c'erano i tappeti elastici, te li ricordi, no?, quelli che facevo da piccola...e allora ci siamo messe a saltare e io ho provato i salti con la capriola no', ma non  mi ricordavo più come si faceva a tornare in piedi... e mentre ero lì che provavo, sono arrivati tre ragazzi, zingari, tutti tatuati.., e le mie amiche se ne sono andate e io sono rimasta lì... allora si avvicina uno e si mette a saltare con me... e lui però saltava bene, cadeva sempre in piedi... e allora gli ho chiesto di insegnarmi, no?, ed è stato gentile, in un attimo mi sono ricordata... poi però dovevo tornare, allora sono andata verso l'albergo.. e loro mi sono venuti dietro, tutti e tre... e sai perché? perchè avevo perso il cellulare e me lo volevano restiture. Vedi che non bisogna essere razzisti, no? se lo potevano tenere e invece... Mamma? ... Mamma?.. ti senti bene, mamma?...cosa ho detto di male?..."



L'artefice delle prodezze di cui sopra oggi compie vent'anni. 
E se vi aspettate un finale strappalacrime, state freschi: una delle poche cose che mi accomuna, alla creatura, è la riservatezza in materia di sentimenti privati. Di sicuro riderà, leggendo questo resoconto in pillole di una minima parte della nostra storia, ma guai ad andare oltre. 
Anche perchè, stavolta, mi sarebbe impossibile non sbarellare: e non perchè sono distante e nemmeno perchè sono invecchiata:ma perché in vent'anni ho imparato che  quell'11 maggio del 1995 ho avuto in sorte il dono di una figlia dotata di tutte le virtù che non ho e che ammiro sommamente in chi le possiede: autonomia, intelligenza, sensibilità, coltivate per giunta in modo sofisticato e controcorrente, con  la grinta di chi non ha paura di affrontare il presente e la sublime levità di chi sa che domani è un altro giorno. 
E con una bellezza da mozzare il fiato.
Quella dei vent'anni- e quella tutta sua.
Unica, rara, speciale.
Auguri, amore della tua mamma, anche da qui.

giovedì 7 maggio 2015

IL MALITO DELLA SIGNOLAAAAAAHHHH


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Antefatto: domenica scorsa, nel corso di una estenuante maratona di shopping, affrontata stoicamente dalla sottoscritta in Armani tacco 8, capello sciolto e tubino astringente modello tunica di Deianira, mio marito ha deciso di rinnovare l'abbigliamento sportivo, nel mega store dell'ultimo piano del centro commerciale giapponese più famoso di Orchard Rd. Mentre la Van Pelt era impegnata ad addomesticare un costume da bagno di taglia nipponica nel camerino delle signore, il di lei marito ha provveduto agli acquisti che ha poi regolamente pagato alla cassa,con tanto di ritiro della merce bellamente impacchettata in carta di riso con ideogrammi e fiori di loto. Il lunedì sera, la sorpresa: mancano due paia di calzoncini Reebok, che risultano nello scontrino, ma non sono nella borsa. E quindi, il martedì mattina, si va a reclamare il maltolto- rigorosamente in ballerine.

Questo è l'antefatto, sintetizzato per necessità
Quello che segue, invece,è la cronaca minuziosa del più assurdo faccia a faccia con un servizio clienti che mi sia mai capitato, in una vita che,alla voce"assurdità",è parecchio affollata.
Di mio, ci sono gli aggettivi, gli avverbi e l'interrogativo sovrano del "che ci faccio qui?".
Ma tutto il resto è oggettivamente, sinceramente, assurdamente vero. 


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"I casi sono due" elaboro mentalmente mentre fendo zaffate di caldo per il centro di Singapore. "O hanno realizzato subito l'errore- e allora i calzoncini sono stati messi da parte, in attesa del reclamo, o non se ne sono accorti-e allora amen, staremo più attenti la prossima volta. Tu limitati ai fatti-e poi vediamo"
I fatti vengono condensati in un sobrio discorsetto, alla signorina del customer service che, con gentilezza,mi chiede di aspettare e di ripeterli al suo diretto superiore. 
Obbedisco, aspetto e ripeto.
Sempre sobria, concisa, convincente. 
Il superiore annuisce, il che mi fa sperare che la missione sia andata a buon fine-e invece no.
C'è un altro superiore.
Al quale devo ripetere di nuovo tutto quanto, meglio se con le stesse parole, perché quando uso "assente" al posto di "mancante" un'ondata di panico si diffonde nei sottoposti, che attaccano a confabulare, in giapponese stretto. 
Torno alla versione ufficiale e la ripeto, a mo' di tabellina, fino a quando, finalmente, si arriva al superiore responsabile dell'inferiore addetto alla vendita dei calzoncini.
Il quale viene convocato, arriva, si inchina, mi guarda e mi chiede di dirgli che cosa sia successo.
Io ormai sono in modalità mantra,per  cui ripeto tutta la storia e, vivaddio, il commesso si illumina.
E mi dice che sì, si ricorda benissimo tutto. 
Di un signore europeo con la moglie, che ha comprato i calzoncini e poi non li ha ritirati.
"Ma ora la moglie c'è e possiamo sistemare tutto", esclamo,gioiosa. 
E improvvida.
Anzi: sprovveduta, inesperta e pure gnurante. 
Perchè qui in Oriente, non basta riconoscere un errore.
Prima di metterci rimedio, bisogna emendarlo.
Con una cerimonia di scuse che inizia con quella che a te pare una contrita mortificazione-ma  poi sfocia in una apologia del commesso ,volta a far capire che sì, l'errore c'è stato, sì il colpevole è stato individuato, ma la colpa non è da una parte sola. 
Perchè "il malito della signolaaahh"- indice puntato sulla sottoscritta-'sti benedetti calzoncini li ha scelti, ma non li ha presi, capito? E se "il malito della signolaaaahh"- indice sempre più vicino- non ha preso i calzoncini,come poteva,il povero commesso, capire che li avrebbe voluti comprare?  E qui inizia una pantomima bell'e buona, con il commesso nei panni di mio marito, con tanto di dialoghi surreali ('libok buona malca, laaahhh? "tu plendele due e pagale uno, solo pel oggi, bella giolnata, laaahhh?), al termine della quale la certezza matematica che la sottoscritta ha sposato un deficiente è stata condivisa con tutto il personale e sta quasi per trasformarsi in pietà. 


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Raccolgo quel che resta della mia dignità e provo a ricondurre la discussione nei termini di un discorso ragionevole: va bene che il malito della signolaaah non brilla in senso pratico, va bene che abbiamo sbagliato noi, va bene che ora sono io che chiedo scusa-e pure da venti minuti buoni: ma visto che i calzoncini son qui e risulta che li abbiamo pagaati, posso una buona volta prenderli o no?

Posso. 
Certo che posso.
Tu pagale, tu plendele.
Ma prima, qualche domanda. 

Tipo perche la signolaaahh ha lasciato che il di lei marito commettesse un'azione del genere. dov'ero, cosa facevo, perchè non l'ho fermato, insomma.

Questa la so-e vado sicura: la signolahh non c'era, perchè stava nel camerino.
A misurarsi il costume
Quello a quadretti, marca Arena,modello Ippopotamo di fantasia, registrato alla voce numero 4 dello scontrino fiscale emesso nella data di domenica scorsa.
Me li dai,ora, 'sti calzoncini?

No.
Prima, la domanda numero due- colore dei calzoncini.

La logica mi indurrebbe a rispondere che non posso saperlo,di che colore erano, visto che non ho assistito alla scena. Ma qualcosa mi dice che oggi, per la logica, non è giornata,per cui tiro a indovinare
"Neri"
No, sbagliato
Non è giornata neanche per le botte di chiulo
Ritento
"Blu"
Neanche blu. 
Chiedo l'aiuto da casa e chiamo mio marito
"blu scuro"-e ci aggiudichiamo anche la seconda domanda.
Ormai sono in partita, vada con la terza
"che taglia?"
Ok, facile, questa la so
XL,rispondo, sicura. 
Silenzio. 
XXL? azzardo,incerta
Altro silenzio.
Dopodichè,  l'inimmaginabile. 
il commesso mima le dimensioni di mio marito, dalla cintola in giù. 
Chiedendomi di stabilire se possono corrispondere alla XL o alla XXL.
Dietro, sui fianchi, davanti. 
E davanti a tutti, ovviamente, visto che ormai attorno a noi abbiamo la folla delle grandi occasioni.
Esprimo il desiderio di sparire dalla faccia della terra,rantolo XXL e,miracolosamente, passo il round. 

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Ultima scena, alla cassa prima dell'uscita
Lo scontrino è stato ribattuto, i calzoncini sono stati impacchettati, il commesso mi sorride, soddisfatto e io sono in una sorta di nirvana, per cui amo tutti (marito escluso). 
Allungo la mano per afferrare la borsa e, inattesa, implacabile, ineffabile, l'ultima richiesta.
"Posso vedele foto del malito della signolaaahh?"
Per sicurezza, aggiunge
Ne ha mimato camminata, cadenza, inflessione della voce e parti basse.
Ma, tant'è, non siamo ancora sicuri al 100%
E i calzoncini hanno bisogno del 100%, per passare di mano.

Accendo il telefono e cerco la foto- che, ovviamente, non ho. 
Mi collego a internet,cerco su FB, niente. 
Gatti, brodaglie da food market dei bassifondi, "io amo il gasp", proklami politici in  una prosa che farebbe inorridire i bimbiminkia di tutto il pianeta-ma di foto sue nemmeno l'ombra.
Vado sul profilo- e si blocca l'applicazione
Il commesso aspetta, senza fare una piega.
Ritento- niente.
E allora,  disperata, ritelefono a mio marito e gli dico quello che mai, nella mia vita, avrei pensato di dover dire. 
A nessuno, per la verità, ma a mio marito meno che mai
Gli chiedo di farsi un selfie.
Possibilmente senza sghignazzare.
E quello, una tantum, obbedisce.
Naturalmente, invano. 

Sintetizzo: il selfie arriva nel momento in cui il cellulare si sblocca, mostrandomi questa foto qui



che è quella che giro al commesso, ridotta a uno straccio e senza più un briciolo di dignità. In cambio, ottengo un profluvio di inchini, unaserie di sguardi compassionevoli e, vivaddio, 'sti belin di calzoncini che, per la cronaca, sono ancora nella borsa, visto che da allora,il malito della signolaaah, ha pensato di avere altre priorità.
Ferma restando quella di mandare la moglie a far figuracce al posto suo,dall'una e dall'altra parte del mondo...


martedì 5 maggio 2015

VOLGARITA'


Ad un giorno dalla nascita della secondogenita del Duca e della Duchessa di Cambridge, William & Kate per tutti, il popolo della rete manifesta per l'ennesima volta la generosità di un mezzo che ha concesso il diritto di parola in modo indistinto a tutti, ivi compresi quanti aprono bocca solo per dimostrare al resto del mondo che un bel tacer non fu mai scritto.

Il bersaglio,  questa volta, è la regal puerpera, rea di essersi offerta al tradizionale bagno di folla (paparazzate comprese) in una forma a dir poco smagliante, a poche ore dal parto, con le aggravanti della caviglia sottile, della pelle liscia e della pancia che-miracolosamente- non c'è più. 

Ora, non ci vuole un consesso di scienziati per capire che era ovvio che dovesse andare così: la giovin signora che il volgo si ostina a chiamare Kate e a cui la stampa continua ad associare l'aggettivo "normale", ha smesso di essere una Middleton qualsiasi nel momento in cui ha sussurrato "Sì, lo voglio" all'erede al trono più evocativo e simbolico del mondo, sposando, oltre al legittimo marito, anche tutta la galleria dei di lui antenati, dalla East Gallery fino alla State Dining Room, nonna Lilibeth inclusa. E  nel momento in cui ha accettato di portare al dito lo zaffiro che fu della Principessa Diana, si è assunta il doppio carico di responsabilità di riallacciare con il popolo britannico quel rapporto di vicinanza che era stato una peculiarità della suocera, senza per altro far dimenticare al mondo chi è e, soprattutto, chi sarà. 

La "normalità" tanto sbandierata, quindi, è un instrumentum regni che viene saggiamente applicato, in un'immagine pubblica di misurata spontaneità e di giovanile sobrietà ma che non può né vuole oltrepassare questi limiti: il segreto del successo di una forma di governo che resiste ai cambiamenti e alle mode è tutto in quella superiorità che è insita nella parola stessa di sovranità. I cambiamenti e le mode sono semmai i registri su cui modulare le strategie per far passare il concetto. Ma che i monarchi siano, per definizione, al di sopra degli altri, questa è cosa da mandar giù senza troppe disquisizioni. E' così-e basta.


Di conseguenza, nessuno s sarebbe dovuto stupire i fronte alle immagini della coppia più paparazzata d'Inghilterra che la Real Casa ha voluto che venissero consegnate ai media : tutto studiato a tavolino da un consulente di immagine personale, che costa ai contribuenti 6000 sterline al mese e che regna sovrano su un team di truccatori, parrucchieri, estetisti, massaggiatori e sarte, chiamato in questa occasione a dare il meglio di sé. 

Quella che ad una parte della rete è apparsa come una neo mamma improbabile, nella sua naturale bellezza, era in realtà il prodotto di una costruzione a tavolino che non ha lasciato nulla al caso, dal make up rivitalizzante alla calza con cuscinetto in gel sotto la pianta del piede, con funzione drenante, passando per la Jimmi Chou LK Bennet a pianta larga e al rossetto che idrata più che un impacco all'acqua di Lourdes. Neppure si son fatti gli errori della volta precedente, segnata da un abito di Jane Peckam che, ahinoi, lasciava intravvedere le rotondità del postpartum: e se la stilistaè rimasta la stessa , tutto il resto è cambiato, dal taglio del vestito,rigorosamente morbido  ai motivi della decorazione, strategicamente affollati dalla cintola in su, per distrarre l'attenzione dei curiosi da ciò che non si dovrebbe vedere, ma c'è. 


Taglio, colore e french manicure, con tanto di impacchi all'olio aromatico di imprecisati tratti di foreste amazzoniche abbatutti per l'occasione erano stati fatti in precedenza, grosso modo nella stessa settimana in cui il resto delle comuni mortali si illude di ripassare gli esercizi di respirazione, affannandosi fra corredini, provviste, consegne da smistare e favori da chiedere, rigorosamente a buon rendere, che intanto, "dopo", cosa vuoi che mi resti da fare...


Insomma, tutto secondo copione- e pure ben recitato,con una protagonista straordinariamente calata nel ruolo che ha scelto di rivestire e che interpreta con una naturalezza tale che non solo ci si dimentica delle sue origini borghesi, ma neppure si sospetta che, qualche volta, anche Catherine desideri tornare ad essere Kate e magari godersi un meritato riposo dopo le fatiche di un parto, senza dover di necessità sottoporsi alla tortura del trucco & parrucco. Chissà perchè, ma non siamo in pochi a pensare che la defunta nonna di cotanta nipotina-di cui la royal baby porta il nome,seppur relegato in ultima posizione- non avrebbe retto a tutto questo stress: io me la vedo a ingozzarsi di latte in polvere per neonati, lo sguardo bovino perso nel vuoto e il biografo sotto la sedia gestatoria, attento a non farsi sfuggire neanche uno dei regali insulti rivolti alla suocera, a Carletto, ai tampax e a quella strega della Parker Bowles. 


Gli insulti, stavolta, sono arrivati dalla rete- variegati nella loro diveristà, ridicoli nella loro insulsaggine.  
Hanno iniziato le femministe britanniche, che hanno visto nella decisione di lasciare la clinica a poche ore dal parto un pericoloso attentato ai diritti faticosamente conquistati in anni di lotte, dalle lavoratrici delle fabbriche. 
Che, si sa, normalmente si recano a partorire nella clinica più esclusiva del Regno, con tanto di sconto fedeltà del 10%, spese di ginecologo (6000 sterline), ostetrica e personale infermiersitico specializzato escluse. 

Poi sono arrivate le russe, con la teoria del complotto: le meno fantasiose sostengono che il parto sia avvenuto tre giorni fa, le più teconologiche parlano di un finto pancione e ,buon ultimo, le nipotine del KGB hanno già decriptato il nome dell'utero in affitto, nascosto sotto il codice di Galina Covalova.

Infine, il resto del mondo, con le Italiane in mezzo, che non ha fatto altro che paragonare il proprio parto a quello del royal baby, in un patetico e disgustoso  crescendo di di emorragie, suture, gonfiori, emorroidi e secrezioni varie, al termine del quale sono emerse, belle chiare, due sacrosante verità: la prima è che le buone maniere non sono mai un segno di sottomissione verso chi ne è oggetto,ma un tratto di distinzione verso l'altro, per chi le usa- e non c'è come veder capovolto nell'uso questo concetto per farci rendere conto con amarezza quanto sia radicato il suo fondamento.
La seconda, è che si è di nuovo caduti nell'ennesima trappola di una rete infida e beffarda, che sventola l'uguaglianza sociale come specchietto per le allodole, alimentando l'illusoria convinzione che "avergliene dette quattro, alla Kate", possa aver avvicinato in qualche modo alla duchessa di Cambridge e non, invece, approfondito ulteriormente le distanze.

Ma qualcuno,prima di noi,lo avevagià detto.....


lunedì 4 maggio 2015

MI SCIOLGO MA NON MI PIEGO- focaccia svuota frigo,a sing sing



Ai tempi in cui cercavo casa qui a Sing Sing, grosso modo tre mesi fa,ma ormai mi sembra una vita,avevo fermamente ribadito all'agente immobiliare che io incarnavo il modello expat solo nell'aspetto: scarpe e borsa e orologio erano le uniche note intonate, in uno spartito altrimenti stravolto da disarmonie spaventose, lapeggiore delle quali era la mia ferma volontà di mischiarmi ai locali e fare la spesa nei loro mercati.

Questo succedeva tre mesi fa. 
Ovvero, una vita fa. 
Quando ancora non avevo fatto i conti col caldo- da una parte-e con quello che si intende per fare la spesa, dall'altra.

Il caldo, a Sing Sing, è un'entità fisica. 
Concreta, corporea, pesante. 
E con una missione ben definita- che è quella di non lasciarti mai solo. 
Non servono docce dai getti perforanti, non servono amplessi col condizionatore, non servono meditazioni yoga ambientate fra i ghiacci: queste, prima o poi, sono esperienze che finiscono. 
Mentre il caldo no. 
E' lì che ti aspetta, paziente, pronto a sbarrarti la strada se vuoi camminare,a schiacciarti il torace se vuoi riposare, a sgualcirti l'anima, se solo ti azzardi  a esplorare i dintorni, figuriamoci a fare la spesa, coll'aggravante del carico delle borse e dell'ora peggiore, che è sempre quella  in cui ti accorgi che ti manca qualcosa.
 
Perchè, qui a Sing Sing, mi manca tutto.
A dispetto  di 20 kg di teglie, erbe aromatiche, pummarola, acciughe e tutto quanto fa "valigia dell'emigrante", la lista delle cose che mancano è incommensurabilmente più lunga, anzi: più compro e più si allunga, in un modo scientifico e cospiratorio, per cui non faccio in tempo ad aver raccolto tutti i fondamentali  che mi accorgo ora che non ho le fruste, ora che nonho lo stampo, ora che non ho la spezia-e nel frattempo, il burro si è sciolto in una pozza di liquido giallognolo e dalle uova provengono dei chiari "pio pio". 

tutto questo per dirvi che ieri, nel Paese delle Spezie, nel Quartiere delle Spezie, nel Mercato delle Spezie, la sottoscritta è riuscita a comprare la cannella polverizzata in vasetto,di una nota multinazionale che affama il Terzo Mondo, trovando uno scampolo di giustificazione nell'aria condizionata che altrove non c'era- e nell'urgenza di fare una carrot cake per i colleghi del marito. 
Salvo scoprire, arrivata a casa, di non avere le carote...


FOCACCIA SVUOTAFRIGO
 
 

500 g di farina (al 13% di proteine)
350 g di acqua, leggermente intiepidita 
2 cucchiai di olio extravergine d'oliva
3g di lievito di birra secco
1 cucchiaino di sale

pomodorini
1 cipolla
timo e rosmarino freschi
sale grosso
olio extravergine

Due premesse: 
1. qui, trovo solo il lievito di birra secco,almeno fin dove mi sono spinta finora, nellemie peregrinazioni.Escludo di fare il lievito madre, almeno fino a quando la farina dignitosa costerà 8 dollari al kg (6 euro nostri). 

2. la cipolla andrebbe aggiunta dopo averla fatta stufare. Io avevo in mente dell'altro e ho dovuto ripiegare su questa farcitura, in mancanza di teglie adatte,per cui ho aperto il frigo e ho usato quello che c'era, senza pensarci su. Ma voi fate stufare la cipolla in padella, per una ventina di minuti e poi aggiungetela alla focaccia negli ultimi 5minuti di cottura. Sennò, vi brucia...

La cosa buona di questo caldo è che qui lievita tutto, in un attimo: per cui, non sto neppure a  perdermi nei riti apotropaici della preventiva attivazione del lievito: setaccio lafarina in una terrina (trovata, santa Ikea), aggiungo il lievito e250 ml di acqua- e impasto, dentro la terrina.Poi aggiungo il resto dell'acqua poco alla volta,incorporandola all'impasto prima di aggiungerne dell'altra e solo alla fine l'olio, anch'esso poco alla volta.
A causa dell'alta idratazione, è possibile che impastare sia difficile, specie se lavorate a mano, come faccio io (il container, con il kenwood, arriva a settembre): invece di dannarvi l'anima, lavatevi lemani con l'acqua fredda,riprendete l'impasto,lavoratelo ancora un po' e poi lasciatelo riposare:riprendetelo dopo una decina di minuti e vedrete che sarà tutto più semplice. In ogni caso, aggiungete SEMPRE l'ultima parte dei liquidi poco alla volta.
Alla fine, unite il sale e assaggiate l'impasto: se dovesse risultare insipido, aggiungetene ancora un po'.
Di solito, impasto sul piano di lavoro per unaventina di minuti, massimo mezz'ora: alla fine, dovrete ottenere un impasto liscio e setoso, che trasferirete in una terrina leggermente unta.Coprite con pellicola trasparente e fate lievitare fino al raddoppio (con queste percentuali di lievito, son circa 4 ore, da voi). 
Ungete bene una teglia rettangolare, con olio extravergine do oliva e rovesciatevi l'impasto lievitato, senza sgonfiarlo: stendetelo poi sulla teglia, tirandolo delicatamente verso i bordi: l'impasto farà resistenza,come è normale che sia, visto che si è sviluppata la maglia glutinica. Anche questa volta, non accanitevi, ma lasciatelo riposare quanche minuto.
Ripetete più volte l'operazione, dedicandovi fra una "tirata" e l'altra, alla preparazione della farcitura. 
Lavate i pomodorini e tagliateli in due, eliminando il più possibile l'acqua di cottura.Mondate la cipolla, lavatela,asciugatela e tagliatela finemente (come dicevo all'inizio,se non volete l'effetto bruciacchiato, è meglio farla stufare e aggiungerla a fine cottura)
Appena avrete perfettamente disteso l'impasto in teglia, farcitelo con gli ortaggi, unite timo e rosmarino freschi, una bella spolverata di sale grosso, ungiro d'olio-e passate inforno a 230°C modalità statica, per 20 minuti circa.