martedì 4 agosto 2015

ALFABETO DI ...MATERA



Quello che segue è il resoconto del Blog Tour organizzato dall'Associazione Italiana Food Blogger a Matera, in occasione dell'inaugurazione di Girolio 2015-Expo, la manifestazione itinerante dell'Associazione Nazionale Città dell'Olio, promotrice dell'evento. Ringrazio per le foto Patrizia Malomo di Andante con Gusto e Fabio D'Amore di Assaggi di Viaggio, compagni di avventura e  interpreti sensibili di una città che è stata capace di ribaltare, nel giro di pochi anni, una definizione ingiusta e impietosa per proporsi oggi come un modello virtuoso,da ammirare e da imitare. 
Si torna agli "alfabeti",con  una prima  parte che potete leggere anche sul sito di aifb e una seconda che prometto nei prossimi giorni, in cambio della promessa da parte vostra di impegnarvi a visitare questo posto, uno dei luoghi più belli e più magici della nostra Penisola. 


 
Acqua: Matera e i Sassi, Matera e il Pane,  Matera e il Cinema, se proprio vogliamo rendere il gioco più difficile… ma Matera e l’Acqua è un’associazione alla quale neppure Freud sarebbe arrivato, di fronte al paesaggio arido delle cave dell’Alta Murgia. E’ anche per questo che si resta sorpresi, di fronte al sistema idrico di approvvigionamento realizzato dagli abitanti dei Sassi nei secoli scorsi, un monumento alle astuzie dell’intelligenza di un popolo capace di rendersi conto, da subito, che la prima e la sola possibilità di sopravvivere in quelle abitazioni scavate nella roccia passava gioco forza attraverso la disponibilità di questo bene. Da qui a sfruttare tutte le risorse della natura, dalla conformazione orografica alle piogge, il passo fu breve: il risultato è quella articolata e stupefacente rete di raccolta e convogliamento dell’acqua piovana e sorgiva che prende il nome di “raccolta delle acque” e che ha permesso ai Sassi di rientrare nei Siti Unesco. Un sistema di cisterne, naturali e artificiali, capaci di rifornire più abitazioni col principio dei vasi comunicanti e delle cadute a cascata, fra cui spicca il Palombaro Lungo, proprio al di sotto della piazza centrale della città, testimonianza della felice sinergia fra uomo e natura.
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Il Palombaro di Matera – la più grande cisterna della città
ANCO: a dicembre dello scorso anno abbiamo festeggiato con il presidente Enrico Lupi i vent’anni dell‘Associazione Nazionale Città dell’Olio e quest’anno siamo stati con loro, per l’inaugurazione del Girolio d’Italia- Speciale Expo 2015, che ha scelto Matera come prima tappa. Il doppio filo che lega AIFB ad una delle Associazioni più prestigiose del nostro Paese, intessuto di ammirazione, di gratitudine, di un rispetto profondo per la serietà, la coerenza e il coraggio con cui ANCO persegue i propri obiettivi, valorizzando le eccellenze e promuovendo in modo genuino le ricchezze del territorio delle “Città dell’Olio”, viene nuovamente srotolato, dal capoluogo lucano: ci porterà in giro per l’Italia, a dare voce a queste realtà di quella Italia ingiustamente definita “minore” e che ha trovato nel sodalizio con ANCO ed AIFB un nuovo modo per essere conosciuta, divulgata ed apprezzata.
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Azuma: è il 1945, quando e Kingiro Azuma, diciannovenne giapponese arruolatosi volontario fra i kamikaze, vede partire per l’ultima missione il suo più caro amico. Il viaggio prevede solo un biglietto d’andata, perchè i ripensamenti non abitano in quei campi di addestramento, dove il senso della vita umana si esaurisce solo nel sacrificio per la patria- e la tristezza dell’addio è mitigata dall’eccitazione e dall’orgoglio per l’impresa che di lì a poco verrà compiuta. Il prossimo a partire è Kingiro, ma la guerra, dopo soli 4 giorni dal sacrificio del suo amico, finisce. E inizia il vuoto della disperazione, per il giovane kamikaze, quella che segue allo schiaffo della inutilità di un sacrificio così grande e che non sembra offrire un salvagente per non sprofondare negli abissi dello sconforto: l’imperatore è un uomo, la religione è un imbroglio, la vita stessa è un transito, senza significato. Ma quando l’animo di Azuma sembra arrendersi di fronte all’avanzare dell’aridità dello spirito, ecco arrivare in suo soccorso l’Arte: quella appresa in famiglia, dove si lavora da sempre il bronzo, con la tenacia e l’amore degli artigiani e quella perfezionata in Italia, all’Accademia di Brera, con un maestro sensibile e raffinato come Marino Marini che accompagna Kingiro nella rinascita alla sua nuova vita. Dalle ceneri del kamikaze nasce infatti l’artista delle gocce, una delle quali è esposta in Piazza Giovanni Pascoli, davanti a Palazzo Lanfranchi, a simboleggiare quel continuo divenire che scandisce il ciclo della vita e di cui lo stesso artista è il testimone più verace. Non stupitevi, quindi, se nel vostro girovagare per Matera vi imbatterete in tanti turisti giapponesi e neppure alzate uno sguardo interrogativo, se i Materani vi fisseranno un appuntamento “davanti alla Goccia“: son solo segni di una integrazione, fra Occidente ed Oriente, fra passato e presente, che in questa piazza si è pienamente compiuta.

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Bruna (Madonna della): narra la leggenda che, nella notte dei tempi, un contadino che tornava a Matera alla guida del suo carretto si imbattè in una donna bellissima, che gli chiese di accompagnarla in città. L’uomo obbedì e, arrivati a destinazione, la donna lo invitò a portare un suo messaggio al Vescovo, presentandosi nientemeno che come la Vergine Maria. Il contadino eseguì di nuovo gli ordini e quando tornò, accompagnato dal Vescovo, trovò al posto della fanciulla una meravigliosa statua della Madonna che venne subito issata su un altro carro, più sontuoso del precedente,e trasportata per le vie della città, con tutti gli onori. La festa vera e propria venne istituita nel 1389 e da allora ogni anno, il 2 luglio, Matera festeggia la sua patrona con una cerimonia che inizia all’alba, con la suggestiva processione dei pastori e culmina con la distruzione del carro, legata anch’essa ad una leggenda che parla di soprusi di potenti e di astuzie di sudditi, nel rinnovarsi di un rituale capace ancora oggi di ammaliare vecchi e giovani e di essere segno di una profonda identità.
LA BRUNA

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Capitale della Cultura 2019: le avversarie erano roba da far tremar le vene e i polsi, ma Matera le ha sbaragliate tutte, con un verdetto a sorpresa, per chi non conosce questa città: ma basta immergersi per poche ore nel cuore del suo centro storico, lasciarsi rapire dalla poesia dei suoi scorci, dalla bellezza delle sue architetture, dalla pulizia delle sue strade, dall’operosa ospitalità dei suoi abitanti perche lo stupore svanisca per lasciar posto alla convinzione che scelta migliore non poteva esser fatta: per le certezze del presente e per le garanzie di un futuro che si annuncia radioso e gravido di soddisfazioni e sorprese.
Chiese rupestri: aguzzate la vista, dopo esservi fatti rapire dal fascino ruvido del panorama della Gravina e provate a scorgere fenditure nelle rocce o piccole costruzioni che chiudono le aperture delle grotte: avrete di fronte a voi un’altra grande bellezza della Matera nascosta, testimonianza di una civiltà ultramillenaria consegnata in architetture che si fondono perfettamente con la natura e in immagini che toccano le corde più remote del cuore.
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Cicerchie: non chiamatele ceci, perché sono tutta un’altra cosa. E neanche confondetele con quelle che trovate nel resto d’Italia, perché, di nuovo, il sapore è tutto diverso. E tutto da scoprire, da gustare, da assaporare. Meglio se in atteggiamento di devozione e di rispetto. In ginocchio, insomma: non sulle cicerchie, però, ma di fronte…
Cicoria: assieme alle fave, costituisce l’asse portante della cucina povera materana, quella che oggi viene servita in gran parte dei ristoranti che hanno fatto della rivalutazione della tradizione la loro bandiera. Sventolatela appena possibile, perché anche per questi prodotti valgono le considerazioni appena fatte: altrove è diverso – e infinitamente peggio…
Cinema: che si tratti dei ricordi dei più giovani, con La Passione di Cristo di Mel Gibson o di quelli dei più vecchi, con Il Vangelo secondo Matteo di Pasolini o delle reminescenze dotte dei cinefili (da La Lupa di Lattuada a Basilicata Coastto Coastdi Papaleo), la storia del cinema si intreccia di necessità con Matera, set di ben 55 film. Il paesaggio metafisico dei Sassi, infatti, ha costituito l’ambientazione ideale per storie di grande impatto emotivo, capaci di portare sulla scena la forza della scabra essenzialità, che trovavano proprio in questo paesaggio altrettanto avulso dalla storia lo scenario più adatto, in cui fondersi in un grido di denuncia sociale ed umana, capace di travalicare i tempi e lo spazio. Concendetevi un percorso guidato lungo i vari set, giocando a ripercorrere con la memoria le scene più salienti dei film e a ritrovare le sagome delle scenografie più conosciute – e pazienza se si è arrivati tardi e Mel Gibson e la Bellucci se ne sono già andati: sarà comunque un’esperienza indimenticabile.
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Cuccù: definirlo “fischietto” è riduttivo, questo piccolo manufatto in terracotta che rappresenta uno dei simboli della cultura popolare più antica e più genuina: in origine, scacciava il malocchio e gli spiriti del male e per questo veniva  murato nei camini o appeso sulle culle dei figli non ancora battezzati o dato in dote ad ogni figlio maschio, rudimentale assicurazione contro i tiri mancini dei maligni. Oggi, restano i segni di questa antica funzione apotropaica nella consueta forma del gallo e nella ricchezza delle decorazioni,anch’esse auspicio di prosperità e di gioia. Restano uno dei migliori souvenir da infilare in valigia sulla via del ritorno- e chissà che, magari, non finiscano davvero per portarci fortuna….
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Falco grillaio: simbolo della Murgia materana, il falco grillaio sta ai cieli di Matera come le stelle cadenti a San Lorenzo: impossibile non scorgerne almeno uno, fra gli uccelli che volano sopra i Sassi, habitat naturale di questa specie che nidifica sotto le tegole dei loro tetti e, da specie monogama quale è, li elegge come propria dimora, per riprodursi e moltiplicarsi. Dalle ultime stime, sembra che proprio a Matera risieda la più grande colonia di questa specie, altrove in estinzione e qui, invece, ben radicata e soddisfatta. Quando si dice “hic manebimus optime…”
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Frantoi: fra le sorprese che si celano dentro le grotte, i frantoi ipogei, scavati sotto terra alla ricerca delle migliori condizioni climatiche, sono una delle tante realtà produttive oggi riscoperte e portate a nuova vita. Sapienti restauri li consegnano a nuove soluzioni d’uso (come il suggestivo frantoio dei Sassi, della famiglia Miccolis, oggi adibito a spazio multiculturale), ma antico è il legame con un popolo che più d’ogni altro ha dovuto addomesticare la natura, per sopravvivere, e lo ha fatto in modo armonioso, coniugando la necessità con il rispetto per ciò che lo circondava e consegnandoci oggi un’alta lezione di civiltà, capace di travalicare i tempi.
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(segue)